Hombre Chiquitico
È zen e swing, nello stesso teatro.
È piccolo, ma intenso. È uomo, ma anche donna.
È adulto e bambino.
È solo e insieme ad altri.
Esotico e nostrano.
Rispettoso del tempo passato, disposto anche a tradirlo.
È farsi notare e sparire. Volare e scavare.
È un ricordo molto bello, e il bello di scordare.
È l'ombra che cancella la verità, verità che sale dall'ombra.
È quello che fa un uomo piccolino quando non ha niente da perdere: lasciarvi scomodi sulla sedia.
Hombre Chiquitico
È zen e swing, nello stesso teatro.
È piccolo, ma intenso. È uomo, ma anche donna.
È adulto e bambino.
È solo e insieme ad altri.
Esotico e nostrano.
Rispettoso del tempo passato, disposto anche a tradirlo.
È farsi notare e sparire. Volare e scavare.
È un ricordo molto bello, e il bello di scordare.
È l'ombra che cancella la verità, verità che sale dall'ombra.
È quello che fa un uomo piccolino quando non ha niente da perdere: lasciarvi scomodi sulla sedia.
Hombre Chiquitico propone dal 2023 minuscolo gigantesco teatro. Tratta tematiche sociali ed esistenziali (a breve anche ambientali), per un pubblico da giovane ad adulto. È serio, ma fa anche ridere. È alla ricerca di un senso pur non essendo, mai e poi mai, didascalico.
- Fa teatro narrativo: racconta storie, tendenzialmente realistiche, ma di un realismo un po’ magico, dove ha spazio anche il sogno e l’allegoria.
- Fa teatro essenziale: con scenografie essenziali, voce corpo e spazio, null’altro. Senza alcuna necessità tecnica e di palcoscenico, un teatro che può andare in scena ovunque, dentro o fuori il teatro (meglio se fuori, dove non ci sono barriere): solo monologhi e dialoghi inframezzati da musiche e rappresentazioni fisiche, dove gli oggetti hanno importanza e negli oggetti conta l’elemento espressivo. Mette in scena ciò che definisce “operette teatrali”.
Le operette in repertorio sono tre:
L'ascensore asociale
"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
E se ce la si fa?
E se ce la si fa a scardinare il portone di ferro che ci tiene chiusi in noi, e ci impedisce di aderire liberamente al flusso della vita, al desiderio, all’amore?
Volere volando
Se cado, mi rialzo. Se cado, mi rialzo. No, non mi proteggo. Cadere, se è il caso, ma non passare la vita invano. La luce che ho dentro, il vuoto che mi porto. Sono solo un corpo nell'universo (una coscienza); un momento di eternità.
Pi.pì
(a tematica ambientale)
Siamo fatti d'acqua. Facciamo parte di un ciclo che dagli oceani porta alla pioggia, alle sorgenti, ai fiumi. Ci scambiamo con essi. Ce ne accorgiamo, qualche volta, quando facciamo… “pipì”.
Nel 2024 si aggiunge:
Pi.pì (a tematica ambientale):
Siamo fatti d’acqua. Facciamo parte di un ciclo che dagli oceani porta alla pioggia, alle sorgenti, ai fiumi. Ci scambiamo con essi. Ce ne accorgiamo, qualche volta, quando facciamo… “pipì”.
Siamo parte anche del nostro fiume, il Lambro (il fiume della Brianza). E come il Lambro, forse, anche noi, siamo un po’ malati.
Anselmo, il protagonista di questa storia, è un ingegnere meccanico che ha speso la propria vita per migliorare la vita dell’uomo. Dall’acqua raccoglie energia per fare idrogeno e muovere motori avveniristici, in uno sforzo, gli viene quasi da dire, “prometeico”; o da Frankenstein, moderno Prometeo. Ma qualcosa non va, nella sua vita (nel suo modello di vita). Se ne accorge, a tempo scaduto, lui cittadino da poco trasferitosi in Brianza, grazie all’incontro con un personaggio strambo, enigmatico, un vecchio solitario seduto su uno sgabello in mezzo agli alberi in un bosco, a cui Anselmo, smarritosi nel bosco dove si era spinto per una corsetta insieme alla moglie, si rivolge per avere indicazioni: “Scusi, per il Lambro, è giusto per di qua?” “Il Lambro?… Il Lambro non c’è più”. Così, lapidari.
E da qui, attraverso frasi laconiche ed essenziali, il vecchio, con un fare quasi sciamanico, annullerà i tentativi dell’ingegnere di convincerlo che la situazione del fiume è, in fondo, molto migliorata (“Se nasci nella merdina, la merdina ti sembra normale”, gli dirà). Evocherà il tempo di quando, bambini, facevano il bagno nel fiume: un fiume completamente coperto di schiuma, per l’inquinamento incipiente (ma per un bambino, anche quello, quella schiuma, era divertimento!). Sentenzierà che “solo quando si tornerà a fare il bagno, il Lambro sarà risorto”.
Anselmo, verboso, sicuro di sé, con la tracotanza di chi sa, o vuole o pretende di sapere, e avere ragione, spiegherà al vecchio quali siano piuttosto i comportamenti giusti da intraprendere, per gestire razionalmente il fiume, per dare il proprio contributo al pianete: lui, ad esempio, è andato ad abitare in una casa ecologica al cento per cento (costruita su una sorgiva, gli dirà il vecchio, ma che importa?, “basta tenere puliti i tombini…”), una casa talmente isolata dal punto di vista termico e aereo da non avere praticamente scambi con l’esterno, chiusa ermeticamente. A tal punto chiusa che, in seguito a una piena, sorprendente (sorprendente perché fantastica, eppure tragicamente reale), che riempirà la valle di schiuma e di bolle di sapone, l’acqua, risalendo dalla fogna attraverso le tubazioni e sgorgando dal water, riempiendo la casa, sommergerà Anselmo fino ad annegarlo.
Chiusa, isolata, è anche la figura della moglie di Anselmo, personaggio soltanto stagliato sullo sfondo, che resterà apparentemente tutto il tempo chiusa nel bagno di casa (sempre che veramente vi sia entrata), ad evocare il rapporto coniugale e i rapporti di forza tra i sessi. È personaggio invisibile, mutilo, ma portatrice di una storia dirompente, fatta di intrighi internazionali, ambizioni, complotti scientifici, che, svelata anch’essa grazie all’intervento un po’ magico del vecchio sciamano, cadrà anch’essa rovinosamente sulla testa dell’ormai non più troppo sicuro di sé, non più troppo razionale, Anselmo.
Ma il vero protagonista della storia è certamente il Lambro, e ogni fiume dannato e dimenticato come lui. Cittadini del mondo, ci spostiamo sulla Terra, apolidi, sradicati e contenti di esserlo; la cura del territorio, dei corsi d’acqua (di noi stessi!) è lasciata agli altri, al caso, al dimenticatoio (anche la manutenzione di un tombino è delegata ad ignoti). Ma sotto la nostra distrazione, il nostro esclusivo rivolgerci agli interessi privati (ma anche ai grandi temi del pianeta), il vecchio Lambro continua ad esistere e ad avere forza (e magia). Soltanto, non lo vediamo.
“Il Lambro non c’è più”. Nessuno si accorge più di lui. Dopo tutto il passato glorioso, come un vecchio dimenticato e strambo, è buono giusto per farci una passeggiata, una corsetta. Ma il Lambro è ancora lì. La “natura” è ancora lì (la Realtà, le forze fisiche e magiche, sono ancora lì, dietro le nostre costruzioni mentali). Forse è il caso di non dimenticarselo.
Il finale, giustamente, vede i tre protagonisti di nuovo insieme, in un bagno riconciliatore nel fiume (e una pipì fatta nel fiume, che non sporca più, unisce). Una riconciliazione però che, al momento, non può che essere soltanto nell’immaginazione di chi crea. Storie, e futuro.
Hombre Chiquitico è: Marco Rubelli (autore dei testi e della messinscena, attore solista), con la collaborazione di: Manuela Chiarella (attrice), Claudio Sala (musica), Giulio Guerrieri e Gabriele Galbiati (consulenti tecnici).